Decreto Liquidità – le cose bisogna sapere

Il Decreto Liquidità, emanato dal Governo e contenente tutta una serie di misure per agevolare e garantire l’erogazione di finanziamenti a favore delle aziende italiane, siano esse piccole, piccolissime o grandi, porta con se alcune riflessioni che scaturiscono da una sua attenta lettura.
A volte, anzi quasi sempre quando si tratta di norme promulgate dai nostri legislatori e forse senza volerlo, si generano piccoli/grandi mostri giuridici che lasciano spazio ad incertezze e dubbi da parte dei beneficiari e degli attori coinvolti. Sto facendo riferimento ad alcune riflessioni sollevate dal mondo bancario che, estremamente prudente per natura, ha volto lo sguardo al medio periodo, a quello, cioè, successivo all’erogazione dei fondi, successivo anche al loro impiego, dove si dovrebbero dispiegare gli effetti dell’utilizzo dei prestiti ottenuti dall’impresa.
Ebbene, tenendo presente la legge fallimentare attualmente vigente e considerando anche quella la cui entrata in vigore è prevista per il 15 Agosto 2020, le banche sono arrivate a dover assumere una posizione di “alert” relativamente alla possibilità di essere coinvolte qualora le aziende finanziate ai sensi del Decreto Liquidità andassero in default. Una sorta di boomerang che colpirebbe gli istituti di credito chiamati in causa dai vari curatori fallimentari, che vedono in esse la gallina dalle uova d’oro. L’accesso al finanziamento, infatti, potrebbe facilmente essere censurato (ex post) quale aumento ingiustificato dell’esposizione debitoria e causa del definitivo dissesto finanziario dell’impresa. Certamente la banca non sarebbe da sola a fronteggiare una accusa di abusiva concessione (o conservazione) del credito; gli amministratori della società sarebbero anch’essi coinvolti oltre che per il reato di mancata gestione diligente della società. Non sto qui ad elencare tutte le violazioni al codice civile ed alla legge fallimentare che si attiverebbero, insieme alle conseguenze sia in sede civile che, eventualmente penale, sicuramente più per gli amministratori che per gli organi gestori degli istituti di credito; così come non mi dilungo in dissertazioni sulle varie sentenze della Corte di Cassazione, a volte non proprio univoche, che hanno affrontato già casi simili. Voglio semplicemente evidenziare che le banche, per il tramite dell’associazione ABI, hanno segnalato e sottoposto al legislatore le riflessioni sopra sommariamente riportate al fine di ottenere una sorta di tutela dei propri interessi. E’per questo motivo che le linee operative da adottare per la concessione dei finanziamenti da erogarsi ai sensi del Decreto Liquidità tardano ad arrivare. In ogni caso l’avvedutezza delle banche nella gestione dell’istruttoria sarà forse ancor più esaltata, allungando i tempi delle erogazioni. Verrà, però, in loro soccorso eventualmente il comportamento serio e da padre di famiglia che si potrà riscontrare, cogliere, negli amministratori delle società che avranno valutato se ricorrere o meno a tale finanziamenti e deciso di tutelarsi in qualche modo, sollecitati da un dettaglio che è nelle pieghe del Decreto Liquidità. Infatti la norma in questione ha concesso alle imprese di derogare agli obblighi, esistenti al momento di richiedere il finanziamento, di automatico scioglimento in presenza di perdite rilevanti ma ha mantenuto l’obbligo di garantire la conservazione del valore aziendale o di attivazione di strumenti di composizione. Pertanto, un amministratore consapevole e rispettoso delle norme e degli interessi dei creditori provvederà a dotarsi di una attestazione, una assurance, di un soggetto terzo, indipendente e qualificato, che attesti da un canto la mancanza ai tempi attuali dello stato di insolvenza o crisi in capo all’azienda e dall’altro la piena sostenibilità del finanziamento e del suo rimborso. In pratica, sto parlando della nuora (le banche) per indicare una strada di protezione e di tutela della suocera (malevolmente indicate le imprese. Me ne scuso). Comprendo il momento veramente grave che l’economia nostrana sta vivendo; condivido le preoccupazioni per il nostro futuro; allo stesso tempo invito gli operatori economici ad essere più riflessivi ed attenti che mai nelle scelte che devono effettuare. La fretta non è mai stata una buona consigliera; men che meno in questo caso.
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