Lo Smart Working

Quando Il Lavoro Diventa Flessibile E Regala Autonomia
Lo SMART WORKING o Lavoro Agile è definito in diversi modi, per la verità tutti corretti sebbene ricadono tutti in un’area concettuale simile se non identica.
L’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano lo definisce ”una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali afferma che “lo Smart Working (o Lavoro Agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.
Potrei continuare sottoponendovi definizioni dello Smart Working di altrettanto autorevoli fonti, sia nazionali che internazionali ma ciò che mi interessa veramente è rappresentarvi il cambiamento in atto nel rapporto di lavoro tra proprietà e dipendente e come l’idea di lavoro sarà sempre più lontana dagli stereotipi attuali.
L’Italia è indietro rispetto alle altre nazioni più sviluppate ma nell’ultimo anno ha visto una crescita del 40% dei lavoratori “smart” sulla spinta dell’entrata in vigore della legge 81/2017 che ne regolamenta l’applicazione.
L’obiettivo che si intende perseguire è quello di creare le migliori condizioni possibili di vita per un dipendente affinché possa raggiungere standard di efficienza e di produttività altrimenti irraggiungibili. In pratica le aziende, ma anche la Pubblica Amministrazione, si sono rese conto che, superando l’obbligatorietà della presenza fisica sul luogo di lavoro e con essa le ore di lavoro stabilite dai CCNL, si possono raggiungere livelli di competitività più alti. Permettere al dipendente di vivere meglio la propria realtà familiare, di gestire in piena autonomia il tempo e, più in generale la vita personale, risulta essere un modo particolarmente funzionale con gli obiettivi dell’organizzazione imprenditoriale o dell’apparato burocratico/amministrativo della Pubblica Amministrazione.
In questo periodo, poi, si può apprezzare ulteriormente la validità di questo nuovo rapporto di lavoro. La Cina, colpita dalla tremenda epidemia del Coronavirus, che ha bloccato quasi ogni attività produttiva e, quindi, lavorativa, deve proprio a questa forma di impiego se sta mantenendo in piedi almeno una porzione del proprio apparato produttivo, che, così, riesce a sopravvivere e a creare ricchezza. Le mura domestiche, pertanto, diventano la ridotta estrema a tutela della propria incolumità come del proprio lavoro e datore di lavoro. D’altronde le reti di comunicazione avanzate permettono agevolmente di interagire tra il lavoratore “smart” con altri lavoratori “smart” e con l’azienda/pubblico ufficio; non ci sono ostacoli insormontabili alla interazione ed allo scambio di informazioni, comunicazioni, elaborati, studi, relazioni, anche in video conferenza.
E’ necessaria, però, una riflessione. L’introduzione dello Smart Working non è una variabile del bilancio del welfare life e aziendale; è ben altro. E’ necessario che, affinchè possa crescere ed affermarsi questo nuovo modo di rapporto subordinato, come lo definisce il Ministero del Lavoro, o questa nuova filosofia manageriale, come la definisce l’Osservatorio del Politecnico di Milano, ci sia un cambiamento culturale profondo nella strutturazione della organizzazione aziendale o dell’apparato amministrativo della Pubblica Amministrazione. Bisogna rendersi conto che si deve dar vita ad un sistema multidisciplinare dove tutti i soggetti sono attori che devono essere integrati nella governance. Come potete ben comprendere siamo davanti ad un a sfida molto complessa, ma ineluttabile, non rinviabile, che necessità di intelligenza e preparazione, soprattutto da parte dei datori di lavoro.
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